giovedì 21 giugno 2012

Pixar Animation Studios

Toy Story - Il mondo dei giocattoli (1995) - 4/5
A Bug's Life - Megaminimondo (1998) - 3,5/5
Toy Story 2 - Woody e Buzz alla riscossa (1999) - 3/5
Monsters & Co. (Monsters, Inc.) (2001) - 2,5/5
Alla ricerca di Nemo (Finding Nemo) (2003) - 3,5/5
Gli Incredibili - Una "normale" famiglia di supereroi (The Incredibles) (2004) - 3,5/5
Cars - Motori ruggenti (2006) - 2/5
Ratatouille (2007) - 3,5/5
WALL•E (2008) - 5/5
Up (2009) - 3,5/5
Toy Story 3 - La grande fuga (2010) - 3,5/5
Cars 2 (2011) - 2/5
Ribelle - The Brave (2012) - 2,5/5
Monsters University (2013) - 3/5

La storia dell'animazione al cinema passa inevitabilmente per la Pixar. La sua attività segna uno spartiacque fra un certo modo di intendere i film di animazione ed un altro; la tecnica del disegno, non solo strumento cinematografico, ma artistico in senso più generale ed esistente fin dall'alba dei tempi come primigenia forma di rappresentazione figurale addirittura con scopi sacri (i dipinti rupestri come parte dei riti di buon auspicio per la caccia) viene definitivamente soppiantato dal wireframe, dalla modellazione poligonale, dal predominio del software modulare. I disegnatori, pur ancora presenti dietro le quinte, lasciano spazio ai programmatori ed agli esperti di computer animation, in una situazione non di abbandono della creatività in favore della tecnica, ma di una nuova declinazione dell'atto creativo nella performance digitale. Se il luogo di fruizione è ancora la sala cinematografica (magari attrezzata per una proiezione 3D), non si tratta più di impressionare una pellicola filmando disegni ed animazioni a passo uno, bensì di dar vita ad immagini generate direttamente al computer ed assemblate con strumenti composition-based e non più time-based (cioè non più basati sul fotogramma come unità minima di contenuto).
A livello culturale, la nascita della Pixar ed in particolare il suo primo lungometraggio, Toy Story, ha avuto un impatto colossale sulla scena dell'animazione, dando vita alla proliferazione di un gran numero di film realizzati con tecniche simili da altre case di produzione, nonché la progressiva rinuncia da parte di un colosso come Disney all'uso del disegno ed il suo accodamento alla rivoluzione della CGI totale introdotta da Pixar. E' inoltre probabile che il fenomeno abbia provocato un'accelerazione nel livello di sofisticazione degli effetti speciali dei film in live action, i cui produttori si saranno sentiti maggiormente legittimati ad annegare in un bagno cibernetico di SFX i loro action movies e sci-fi movies grazie al successo ottenuto dai primi film realizzati interamente con queste tecniche (quest'ultima ipotesi rimane comunque una speculazione personale; senza contare il fatto che molti altri film hanno aperto la strada per un'implementazione massiccia di CGI nei film in live action, in primis la saga di The Matrix).
Se i primi film realizzati dagli Studi costituiscono grandi risultati in termini formali, bisognerà aspettare qualche anno prima di vedere emergere anche una componente sostanziale più sviluppata. Il 2008 può essere considerato un anno spartiacque nella storia della Pixar in questo senso, con la pubblicazione di WALL•E , film epocale che permetterà una volta per tutte ad un film d'animazione di elevarsi al rango qualitativo dei migliori film della storia del cinema (cosa per la verità sì rara, ma già accaduta per almeno un paio di pellicole dello stesso genere: quell'indimenticabile esperimento surrealista che è Fantasia,1940, e quel formidabile poema intimista antibellico che è Una tomba per le lucciole, 1988).

La storia della Pixar inizia molto più là del suo primo lungometraggio: nel 1979 nasce come reparto della Computer Division della Lucasfilm, con il nome Graphics Group e con a capo Ed Catmull, che all'epoca lavorava ad alcune ricerche in campo di computer graphic al New York Institute of Technology. Il reparto iniziò subito a lavorare ad una versione embrionale di quella che sarebbe diventata l'interfaccia di rendering di ambienti 3D di cui avrebbe fatto uso in seguito, RenderMan; nel corso degli anni inoltre collaborò con l'Industrial Light & Magic per la realizzazione di SFX di alcuni film. Nel 1986 il reparto fu acquistato in blocco da Steve Jobs, fondatore di Apple da cui era stato "accompagnato alla porta" a fine 1985. Lucas infatti aveva bisogno di soldi, così vendette il gruppo a Jobs per 5 milioni di dollari (ed altri 5 vennero messi sempre da Jobs nel gruppo come capitale), che battezzò questa nuova società con il nome Pixar, con a capo lo stesso Jobs, Ed Catmull e Alvy Ray Smith. Lo scopo principale della Pixar in questo periodo era la ricerca sull'hardware: in particolare la creazione del Pixar Image Computer, potente macchina venduta un po' al governo, un po' ad istituti sanitari, senza grande successo; ciò che conta però fu che venne anche acquistato dalla Disney, che lo usò per creare il suo software CAPS (usato per la primissima volta ne La Sirenetta e poi più massicciamente nei film successivi). All'epoca John Lasseter, che diverrà successivamente capo della società e regista di molti suoi film, nonché inventore del logo della ditta, era già impiegato dell'azienda.
Gli affari non vanno bene, e fra il 1990 e il 1991 si procede tra vendite di parti dell'azienda e licenziamenti di personale, finché arriva il contratto risolutore con Disney, con cui la Pixar si accorda per distribuire 3 film realizzati totalmente in CGI, il primo dei quali era proprio Toy Story (tutti i film sarebbero stati prodotti interamente dalla Pixar stessa). Le risorse comunque scarseggiavano, e Jobs fu tentato di vendere tutto fino al 1995, quando il film fu finalmente finito e distribuito dalla Disney, come da accordi.

-Toy Story - Il mondo dei giocattoli
USA 1995 - di John Lasseter - animazione/avventura/fantastico - 77min.

Woody, cowboy di pezza, è il giocattolo preferito di Andy. Woody vive nella cameretta di Andy assieme agli altri giocattoli del bambino: Mr. Potato (patata antropomorfa), Slinky (cane allungabile), Rex (dinosauro non proprio temibile), Hamm (maiale salvadanaio), e molti altri. Tutti vivono in armonia, consapevoli di essere amati da Andy, e pronti a condividere con lui molte avventure. Ma la paura di essere rimpiazzati da giocattoli più nuovi e belli si ripresenta a ogni compleanno di Andy, e questa volta i timori si rivelano fondati: al bambino è stato regalato nientemeno che lo Space Ranger Buzz Lightyear, che oltre ad essere iper-accessoriato non si rende conto della sua natura di "balocco per bambini". Quando Woody inizia a sentirsi scaricato, comincia a meditare un piano per sbarazzarsi del nuovo, scomodo venuto, innescando una serie di eventi che porteranno lui e Buzz a vivere la più grande avventura della loro esistenza.

Pietra miliare della storia dell'animazione, Toy Story è il film giusto al momento giusto: un film di animazione brillante ed originale in un periodo fiacco dal punto di vista creativo, in primis a livello di idee fresche (il periodo d'oro del Rinascimento Disney è già passato); un film epocale per l'innovativo metodo realizzativo, che oggi appare certo obsoleto dal punto di vista grafico (pur essendo comunque godibilissimo), ma all'epoca era semplicemente sensazionale. L'impatto mediatico fu enorme, e venne citato da testate importanti come evento sensazionale (il New York Times l'ha messo tra i migliori 1000 film di sempre), senza contare che fu il maggior incasso mondiale dell'anno (356 milioni di dollari). Scritto da ben 4 autori (tra cui il futuro regista Joss Whedon), è un ottimo e raro esempio di riuscito lavoro di squadra in fase di scrittura: vedendo il film ci si accorge del calderone di idee che vi sono state buttate dentro, e si può immaginare che non ne siano state incluse molte altre (di certo si sa che nel finale doveva comparire una Barbie, ma la Mattel non diede la concessione dei diritti, cosa che avvenne invece per i due sequel): l'amalgama di riferimenti cinematografici (western, sci-fi, horror, commedia, comico) ed artistici in generale è sterminata, ma questa operazione di mash-up postmoderno non è un collage di citazioni né una serie di omaggi ad opere altrui, bensì una rielaborazione creativa di elementi pre-esistenti per dar vita a qualcosa di nuovo. La prospettiva del mondo cambia radicalmente dalle visioni cui siamo abituati: tutto appare meraviglioso, gigantesco, alieno se visto con gli occhi dei giocattoli, e ci fa riscoprire quella dimensione magica del mondo in cui viviamo di cui da bambini si è perfettamente consapevoli, e che poi si perde tristemente con l'avanzare dell'età. In un tripudio di SFX, di colori sfavillanti e di un uso della luce che da far invidia a molti direttori della fotografia, Toy Story entra nell'immaginario collettivo e consacra la Pixar a guru dell'animazione nell'era digitale.
Colonna sonora perfetta.

Voto: 4/5

-A Bug's Life - Megaminimondo
USA 1998 - di John Lasseter, Andrew Stanton - animazione/avventura - 93min.

Flik, formica combinaguai, è il terrore del formicaio: non ne fa mai una giusta  e passa il tempo a creare invenzioni strampalate. Come se non bastasse, provoca un incidente che mette a repentaglio l'incolumità di tutta la comunità: ogni anno le formiche pagano un tributo in cibo alle cavallette, che in cambio non le uccidono. Flik causa la perdita del cibo raccolto, cosicché le cavallette danno un ultimatum alle formiche: raccogliere tutto il cibo più penale in pochissimo tempo, o saranno distrutte.
Esiliato, Flik incontra una compagnia circense fallita che scambia per valenti guerrieri; per un qui pro quo essi credono che li voglia assumere per uno spettacolo, così lo seguono al formicaio. Scoperta la realtà della situazione, collaboreranno comunque con Flik per contrastare la minaccia insettoide.

Lasseter è affiancato nella regia da Andrew Stanton, uno dei pochi membri Pixar ad avere una formazione primaria da disegnatore invece che da programmatore. Dopo il successo stratosferico del film precedente, era difficile ripetere il colpaccio: il duo ci è riuscito grazie ad una trama per certi versi ancora più folle della precedente, sebbene in realtà più classica anche per i molti rimandi (a I sette samurai di Kurosawa, alla favola di Esopo della cicala e della formica, alla struttura tipica di molti film Disney), e ad una realizzazione tecnica sicuramente superiore rispetto a Toy Story, sia per la complessità di alcune sequenze (con inquadrature impossibili delle telecamere virtuali) sia per il maggior numero di poligoni presenti a schermo, ed in particolare un reparto luci di pregevole fattura. Il concetto di fondo è il solito dei film Disney, solo amplificato: oltre ad esserci un singolo eroe in cerca di autoaffermazione, c'è anche un popolo di servi in cerca di indipendenza.
Ciò che perde in originalità (da tener conto anche il fatto che appena un mese prima era uscito Z la formica, dell'allora neonata Dreamworks!) lo acquista insomma in perfezionamento tecnico. Molte idee di sceneggiatura poi sono memorabili, specie il malefico uccellino assetato di sangue, rivisitazione spassosissima del tipico mostro famelico. I personaggi sono forse meno carismatici dei giocattoli del primo film, ma Flik è un eroe pasticcione con cui si fa presto a simpatizzare, e le cavallette sono odiose al punto giusto da renderle dei degni antagonisti.
Soprattuto il film fu l'occasione per diversi sperimentazioni, a cominciare dalla Bug-Cam, una microcamera montata su ruote di Lego con cui gli autori studiarono il giardino della proprietà per immedesimarsi nel punto di vista degli insetti, durante una fase preliminare; oppure pensiamo ai software di crowd animation grazie a cui si poterono omettere in scena centinaia di formiche nello stesso fotogramma, tutte diverse l'una dall'altra in fisionomia e movimenti.
Con un budget abbastanza contenuto di 60 milioni di dollari, ne ha incassati in totale 363: ottimo risultato!

Voto: 3,5/5

-Toy Story 2 - Woody e Buzz alla riscossa
USA 1999 - di John Lasseter, Lee Unkrich, Ash Brannon - animazione/avventura - 89min.

Quelli delle pulizie domestiche sono tempi duri per i giocattoli: Andy e sua allestiscono un mercatino dell'usato con le cianfrusaglie di casa, e fra di esse va a finire anche un vecchio pinguino giocattolo, amico di Woody, Buzz e soci. Tentando di recuperarlo, Woody esce di casa, ma viene raccattato da un collezionista sporco e grasso che se lo porta via, con l'intenzione di ripararlo e venderlo ad un museo giapponese assieme agli altri balocchi del brand "Woody e gli amici del West", che comprende il cavallo di pezza Bullseye, la cowgirl  Jessie ed l'anziano e saggio Stinky Pete. Sentendosi parte di questa nuova famiglia, e conscio che con la crescita di Andy arriverà prima o poi il momento dell'abbandono, Woody preferisce rassegnarsi alla situazione, ma Buzz e gli altri amici giocattoli partono da casa di Andy fermamente intenzionati a recuperarlo e a sconfiggere il perfido ciccione.

Ah, i sequel! Croce e delizia di ogni fan! Delizia, perché chi non vorrebbe un'infinita proposizione dei propri personaggi preferiti in reiterazioni sempre nuove (ma costantemente ancorate al vecchio)? Croce, perché tutti conosciamo il rischio dello scivolamento nel cliché e nella ripetizione che questo tipo di operazione spesso comporta. Problematica della quale Toy Story 2 non è esente, dato che va a ripescare per filo e per segno molte situazioni già viste nel primo film, anch'esso incentrato sul viaggio avventuroso e la difficile anabasi. Che c'è di nuovo? Alcuni personaggi, fra i quali spicca il cattivone megagalattico, il malvagio imperatore Zurg in tutto il suo oscuro splendore (con spregiudicata citazione di Star Wars); la grafica, ovviamente più risoluta ed evoluta; le gag, ancor più frequenti, improntate tanto sulla dialettica quanto sulla cinetica. Tutto il resto è simile, dalle musiche all'attitudine citazionista, alla focalizzazione sui rapporti di solidarietà, amicizia ed unità, valori tipicamente americani.

A salvare il risultato dal tedio e dal senso di deja-vu è ancora quell'idea formidabile che sta alla base dell'operazione, il punto di vista dei giocattoli e la descrizione fantastica del loro mondo. Consente di ambientare la vicenda nel nostro mondo, eppure di dar vita ad una storia impossibile, compenetrando realtà e finzione in un mix che offre possibilità di sviluppo narrativo praticamente infinite.
Infine, da notare la tripla regia (Unkrich, già al lavoro nel film precedente, continuerà in veste di regista e montatore  nei film successivi; Brannon lavorerà anche al di fuori della Pixar, specie nella Dreamworks): quando le idee scarseggiano e i tempi di consegna stringono, meglio unire più cervelli.
Il risultato comunque è ancora una volta godibilissimo, il risultato al botteghino eccellente (485 milioni di dollari, con un budget di 90) ed il merchandising divampa. Meglio di così...

Voto: 3/5

Dopo questo film, Lasseter si prenderà una pausa di qualche anno dalla regia, che passerà ad altre mani.
Fra Pixar e Disney iniziarono delle dispute contrattualistiche proprio in occasione di Toy Story 2 (in sostanza Disney era troppo esosa a parere di Pixar). La cosa si aggraverà negli anni.

-Monsters & Co.
USA 2001 - di Pete Docter, Lee Unkrich, David Silverman - animazione/fantastico - 89min.

I mostri sono reali, solo non vivono nel nostro mondo, ma in uno parallelo, nella città di Mostropoli (una metropoli futuristica), nella quale un'azienda elettrica (la Monsters Inc. del titolo originale) può penetrare nel nostro tramite speciali porte che conducono direttamente nelle camere da letto dei bambini i quali, atterriti dalle apparizioni mostruose, emettono grida che l'azienda raccoglie ed utilizza come fonte di energia per la città. Sullivan è uno dei dipendenti dell'azienda addetto proprio alla mansione di spaventare i pargoli, ed è uno dei migliori in quest'ambito. Una sera però, a fine turno, vede che una porta è ancora in postazione di utilizzo. Incuriosito, si intrufola, ma finisce inavvertitamente per portare nel suo mondo una bambina (da lui chiamata Boo), fatto gravissimo per l'incolumità dei mostri. Tenendola nascosta, dovrà riuscire, col l'aiuto del fido amico e collega monocolo Wazowski, a re-individuare la porta corrispondente per riportare Boo a casa, e nel contempo scoprire il mistero: chi ha lasciato lì quella porta e perché?

Il concept di partenza è azzeccato, come al solito: la realizzazione della paura infantile del mostro nell'armadio, solo con un curioso capovolgimento di prospettiva. I mostri sono in tutto e per tutto uguali agli umani (a parte fisicamente), nel modo di comportarsi e nella struttura societaria. Questo è probabilmente anche il maggior difetto del film: il non essere riusciti a declinare il mondo dei mostri in modo diverso dal nostro, cosicché si ha l'assurdo  risultato di una città che ha un design adatto alla vita umana, ma è abitato da mostri; questa stonatura è evidente in molte scene del film, che peraltro è abbastanza monotono a livello di scenografia, dato che è ambientato per la maggior parte all'interno della Monsters Inc.: nelle numerose scene situate nei corridoi degli uffici, si possono vedere le porte che danno alle varie stanze, porte uguali alle porte umane, quindi assolutamente scomode, in teoria, per un mostro: come potrebbero ruotare un pomello per aprire una porta quando hanno tutto fuorché arti simili alle nostre mani (a parte pochi di essi)? E ciò si nota per altri elementi architettonici. Insomma il connubio, sulla carta divertente, di un mondo simil-umano popolato di mostri (che hanno anche nomi da umani...) è incoerente ed inconciliabile con la natura stessa dei suoi abitanti. Ovvio che per un bambino questo ragionamento non conta, perso come sarà a seguire la storia, ma per un occhio critico questo è semplicemente un errore realizzativo, che non favorisce l'illusione di realtà.
Oltre a questo vi è comunque da segnalare una sceneggiatura che per ora è la meno ispirata dei film Pixar, per originalità e per sviluppo narrativo, piuttosto canonico. Dove si salva è certamente nella realizzazione tecnica, con una CGI sempre più avanzata che, unita alla fantasia degli autori, dà vita a mostri bizzarri e comici invece che spaventosi, e regala alcuni scorci suggestivi (tutta la sequenza d'inseguimento nel deposito delle porte è una gran momento di cinema di animazione).
Ancora una tripla regia - che oltre ad Unkrich, già presente nel film precedente, comprende Docter, animatore e sceneggiatore della stessa Pixar in tutti film precedenti, e Silverman, animatore, che invece è esterno (ha lavorato alla serie dei Simpson ed anche al lungometraggio omonimo, e anche ad altri film) - meno creativa di quelle di John Lasseter.
Colonna sonora funzionale.

Voto: 2,5/5

-Alla ricerca di Nemo
USA 2003 - di Andrew Stanton, Lee Unkrich - animazione/avventura - 100min.

Due pesci pagliaccio, Marlin e Coral, sono in felice attesa della schiusa delle loro uova. Purtroppo un barracuda uccide Coral e divora gran parte delle uova. Marlin, solo e disperato, si accorge che un uovo è rimasto intatto, così lo accudisce giurando di prendersene la massima cura. Anni dopo Nemo (questo il nome del pesciolino superstite) deve fare i conti con un padre iper-protettivo che non gli lascia fare niente. Durante il primo giorno di scuola, una lite fra i due porta Nemo ad allontanarsi, e ad essere catturato dalle maglie di una rete da pesca, per poi esser trascinato via da una barca. Disperato, Marlin si lancia alla sua ricerca, avendo come unico indizio una maschera da sub caduta dalla barca, recante un indirizzo di Sydney, Australia.

I film subacquei sono difficili da realizzare. I film di animazione subacquei sono molto difficili da realizzare. Come si sa l'acqua è uno degli elementi più difficili da realizzare artificialmente, sia dal punto di vista del disegno che della CGI: i riverberi della luce, il moto ondoso, la fisica realistica sono tutti elementi che costituiscono una sfida notevole per i disegnatori/programmatori. La Disney era riuscita, con La Sirenetta, a dar vita ad un mondo fantastico credibile ambientato negli abissi marini. A parte questo nessun altro cartone si era mai cimentato in una fatica simile, almeno nessuno degno di nota. Ci ha pensato la Pixar ad affrontare questo arduo terreno di prova, con un risultato straordinario: un ambiente sottomarino realistico e lievemente surreale allo stesso tempo (abbastanza da renderlo adatto ad ambientarci un'avventura con animali parlanti dai sentimenti umani, almeno), coloratissimo ed ispirato in quanto a design (barriere coralline, relitti, colonie di meduse, correnti sottomarine...), lambendo, nelle poche parentesi fuor d'acqua, la soglia del fotorealismo nelle panoramiche cittadine. Un lavoro eccezionale che giustifica il secondo maggior incasso della storia dell'animazione fino a quel momento (867 milioni di dollari, dietro ai 950 de Il Re Leone). Anche dal punto di vista della sceneggiatura i colpi di genio non mancano (l'esilarante trovata dello squalo che tenta di sopprimere la propria natura carnivora; le vicissitudini di Nemo in cerca di una via d'uscita, idea che deriva addirittura dall'infanzia del regista Andrew Stanton, che fantasticava sull'acquario dello studio del suo dentista), ed il registro in bilico fra comico e drammatico assicura una varietà sempre presente.

A livello tematico il film pone insolitamente la questione del rapporto generazionale declinato nei postumi di un'esperienza traumatica, con un'inedita prospettiva psicanalitica (per quanto basilare): il personaggio di Marlin ha un passato che lo perseguita e ne condiziona le azioni ed il carattere, molto più profondamente rispetto a numerosi film d'animazione precedenti, di Pixar e Disney (è inoltre l'unico film di queste due case ad iniziare con una strage in cui muoiono molti personaggi). Insomma dietro alla facciata di pellicola di intrattenimento puro si cela uno studio più accurato e profondo del solito sulla psiche dei personaggi, sul tema del dolore e della sua rielaborazione, oltre che ai consueti contenuti Disney-ani di amicizia, altruismo, coraggio, responsabilità e maturazione.
Uno dei migliori risultati dell'animazione dello scorso decennio.
Perde qualcosa solo in rapporto ai successivi film Pixar, sempre più sofisticati ed interessanti da ogni punto di vista.
Ben fatto!

Voto: 3,5/5

-Gli Incredibili - Una "normale" famiglia di supereroi
USA 2004 - di Brad Bird - animazione/azione - 111min.

Un tempo esistevano i supereroi, individui dotati di poteri sovrannaturali che proteggevano l'umanità da catastrofi e malvagi. In seguito ad un incidente, però, il governo americano si è visto costretto a metterli "fuori legge", proibendo loro di perseverare in azioni eroistiche, ed imponendo loro di vivere sotto copertura come qualunque altro cittadino. E' la sorta toccata anche a Mr. Incredibile e sua moglie, Elastigirl, che abitano in una villetta di un sobborgo urbano qualsiasi degli USA, e crescono, con qualche difficoltà, i loro tre figli, Violetta, Dashiell ed il neonato Jack-Jack. Ma il ricordo delle glorie passate torna a tormentare Mr. Incredibile che, chiamato segretamente ad una nuova missione da individui misteriosi, accetta l'incarico all'oscuro della moglie. Quando finisce nei guai, toccherà al resto della famiglia andare a salvarlo.

Brad Bird, qui alla regia del suo secondo lungometraggio dopo Il gigante di ferro, conobbe John Lasseter quando studiavano entrambi al CalArts. Entra in Pixar proprio per realizzare questo film, un suo progetto che inizialmente doveva essere sviluppato dalla Warner, ma poi il loro studio chiuse (dopo l'esito disastroso di Looney Toones Back in Action del 2003)e Bird dovette trovare un altro soggetto interessato. Da questo momento Bird entrerà stabilmente nella Pixar, forte dell'Oscar per Miglior Film d'Animazione ricevuto proprio grazie a questa pellicola (che peraltro fu il film più complicaot da realizzare per lo Studio fino a quel momento, per il numero di set virtuali, la difficoltà di realizzazione di molti personaggi umani, effetti come il movimento dei capelli o di altri materiali, la quantità spropositata di costumi ed altri elementi scenici).

Oscar meritato, dato che ad una grafica sempre più all'avanguardia si accompagna una sceneggiatura che è seconda solo a Toy Story per creatività: il concept in apparenza banale (i film sui supereroi non sono una novità, in effetti) è riscattato da una serie di trovate che lo rendono unico; innanzitutto è il primo film Pixar ad usare solo personaggi umani (cosa rara nel cinema d'animazione), pur in una cornice fantastica; ha un'infallibile prima parte che mostra la vita quotidiana di una famiglia di supereroi costretta a non poter usare i propri poteri, con la conseguente difficoltà di adattamento al mondo ordinario (ma non è forse una splendida metafora dell'alienazione che tutti noi proviamo a volte di fronte ad  un mondo costruito dagli umani ma non "a misura d'uomo"?); ad essa si somma una seconda parte prettamente action con contaminazioni spionistiche nelle quali riecheggia la lezione dei vari James Bond (richiamato evidentemente anche dalla colonna sonora di Michael Giacchino); aggiungiamo poi un finale tipicamente supereroistico con robottoni giganti e distruzioni su larga scala, ed avremo una pellicola in grado di accontentare tutti i palati. Il tutto senza dimenticare frequenti siparietti comici ed una regia che alterna pacatezza e scene forsennate con frequenti cambi di inquadratura. Molti spunti hanno chiara provenienza fumettistica (in particolare fumetti Marvel), il che fa perdere qualcosa in termini di originalità.
Il buon successo (631 milioni di dollari al botteghino con un budget di 92) dovrebbe favorire la realizzazione di un sequel, ma per ora i rumors non si sono concretizzati in un progetto ufficiale.

Voto: 3,5/5

Nello stesso anno i rapporti con Disney si aggravano, tant'è che gli accordi saltano e Jobs si dichiara intenzionato a cercare nuovi partner commerciali (cosa che però non si è fatta). Un nuovo accordo fu raggiunto solo nel 2006, anno in cui le due aziende si fusero. Prima di ciò però la Pixar fece in tempo a rilasciare ancora un film da casa indipendente.

-Cars - Motori ruggenti
USA 2006 - di John Lasseter - animazione - 117min.

saetta McQueen è un auto da corsa di sesso maschile (???!!!) che vuol vincere l'ambita Piston Cup. Siccome arriva primo a parimerito con altri due, la giuria decide di indire una nuova gara di spareggio in California. mentre, trasportato dal fido amico-camion da rimorchio Mack, Saetta sta attraversando l'Arizona, per una serie di circostanze finisce solo e sperduto nel deserto. Qui incontra un piccolo villaggio dimenticato dal mondo, Radiator Springs, popolato da una schiera di curiosi autoveicoli. Saetta deve affrettarsi a recarsi presso il luogo della gara, ma ha accidentalmente devastato la strada principale del paese, perciò è costretto a rimanere lì riparando al suo danno. Nel corso della permanenza, la semplicità della "gente" del luogo e lo stile di vita umile ma dignitoso della comunità lo porterà a perdere buona parte della sua boria da primadonna viziata e a ridefinire le sue priorità.

Il film soffre dello stesso problema di Monsters & Co., solo esponenzialmente maggiore: il non aver adattato il mondo della vicenda (che in questo caso coincide con il nostro) ai personaggi della stessa, con un'incoerenza di fondo che stavolta nemmeno un bambino può non notare; ambienti adatti agli umani popolati di macchine antropomorfe: ma per quale assurdo motivo fare una cosa simile? Non solo la disposizione di spazi ed architetture appare del tutto illogica, ma ovviamente sorgono una serie di domande ovvie che smontano la credibilità del film (questioni banalissime tipo: "ma chi costruisce le macchine?" "Come nascono i figli?"). Semplicemente viene meno la sospensione dell'incredulità, proprio come nell'altro film. A ciò aggiungiamo l'antipatia del protagonista e la semplicistica riduzione dei comprimari a profili stereotipati (il deficiente, l'arrivista, il "vecchio pieno di rimpianti" etc.) e così avremo il cast virtuale più scadente di tutte le produzioni Pixar. Questa volta le sfavillanti risorse tecnologiche dell'azienda non sono bastate a portare in secondo piano i difetti dell'operazione, che eclissano l'eleganza grafica e la pregevolezza estetica con un vuoto sostanziale inaspettato. Altra questione: come mai proprio i due film più deboli della casa sono gli unici (a parte Toy Story) ad aver avuto dei seguiti (il già realizzato Cars 2 ed il già annunciato Monsters University)? Che sia una presa di coscienza da parte dei realizzatori della debolezza di questi film, con il conseguente tentativo di riscattarli con sequel dalle idee migliori?
Ho dimenticato di citare un altro grave problema: la prolissità. Da metà in poi questo film diventa uno dei più noiosi che mi sia capitato di vedere da molto tempo...
In tutto ciò, almeno un'intuizione geniale: mettere gli occhi dei personaggi nel parabrezza e non nei fari, come in generale si faceva nell'animazione, ha permesso di ottenere una grande espressività, almeno per delle macchine.
In generale però Cars rappresenta il primo vero passo falso nella storia dei lungometraggi Pixar.

Voto: 2/5

Il 5 maggio 2006 viene stipulato il fatidico contratto: Pixar è acquisita da Disney, ma non viene "soffocata" in essa, anzi: Jobs diventa il maggior azionista singolo della Disney detenendone il 7% (era già il maggior azionista Pixar con il 50,1%); inoltre John Lasseter diventa Chief Creative Officer sia di Disney che di Pixar, mentre Catmull diventa presidente di entrambe le aziende. Le due entità inoltre rimasero ben separate in quanto a nomi e reparti, come evidenzia il nuovo nome dato all'ibrido aziendale così creato: Disney•Pixar (il logo appare già in Cars, sebbene esso sia stato realizzato prima della firma del contratto), marchio che firmerà tutte le produzioni successive. Insomma quella che poteva essere una fagocitazione del piccolo studio da parte del colosso si è tradotto nel suo quasi-contrario: segno dell'incertezza creativa e perdita di status da parte di Disney e di sempre maggior forza da parte di Pixar.

-Rataouille
USA 2007 - di Brad Bird - animazione/commedia/avventura - 111min.

Remy, topolino di campagna con appassionato di cucina, sogna di diventare un grande chef come Gusteau, uno dei cuochi più rinomati di Parigi, autore di un famoso libro di ricette. Per una serie di eventi Remy finisce per essere separato dalla sua comunità e finisce solo e sperduto proprio nella capitale francese. Qui si reca al ristorante dell'ormai defunto Gusteau. Qui aiuterà un giovane ed impacciato neo-assunto, Alfredo Linguini, ad imparare i segreti della gastronomia, tramite la preparazione di una superba zuppa. Il ristorante riacquista fama grazie al piatto suddetto, tanto che si vocifera che il noto critico gastronomico Anton Ego stia per mettere alla prova il ristorante. Una serie di imprevisti renderà la situazione sempre più ingestibile per Remy e Alfredo, mentre la data del fatidico esame si avvicina sempre più...

Una prima bozza di storia era stata scritta da Jan Pinkava, regista originariamente contattato per il progetto, nel 2001. Ma i risultati non furono all'altezza delle aspettative, così la Pixar decise di chiamare ancora una volta Brad Bird alla regia, ancora fresco del successo de Gli Incredibili.
Con molti anni di preparazione, specie in materia gastronomica, Ratatouille è una commedia garbata incentrata sulla buona tavola
Sul secondo punto, conta il monologo finale del critico Ego, con le battute già memorabili, che qualunque critico professionista (in qualunque ambito) dovrebbe tenere sempre a mente: "Per molti versi la professione del critico è facile. Rischiamo molto poco pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il proprio lavoro al nostro giudizio. Prosperiamo grazie alle recensioni negative che sono uno spasso da scrivere e da leggere. Ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che, nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale.".
Il terzo punto è quello più classicamente Pixar-iano e Disney-ano, collegato a concetti quali la volontà di auto-affermazione e la maturità, intesa sia come crescita esteriore che interiore. Qui i personaggi in crescita sono due però, e doppio è il protagonista: Remy e Alfredo sono due controparti dai simili problemi, sebbene declinati in due mondi diversi, umano ed animale (con il secondo però estremamente simile al primo in quanto a dinamiche comportamentali). In effetti la storia di Alfredo forse non aveva bisogno di quella di Remy per essere raccontata, e viceversa. Ma il film è anche incentrato sull'amicizia, sulla forza che si trae dall'unione e dalla collaborazione, senza contare che lo strano connubio è il motore per molte gag divertenti. I personaggi sono abbastanza vari da non risultare stereotipati, e l'ambientazione non risulta noiosa sebbene sia limitata ad un numero contenuto di ambienti. La Pixar ottiene un altro successo, sfruttando quello che è sempre stato il suo punto di forza: la prospettiva dal basso, stavolta dal punto di vista dei topi (frequenti le soggettive di Remy), capace di mostrarci il mondo in modo inedito.
Bell'accompagnamento musicale di Michael Giacchino, di consueto alto livello il reparto grafico.
Un bel film che ha la sfortuna di venire subito prima di un capolavoro assoluto che lo adombra un po'.

Voto: 3,5/5

-WALL•E
USA 2008 - di Andrew Stanton - animazione/fantascienza - 98min.

2805. La Terra è stata abbandonata da qualche decennio a seguito dell'inquinamento e dell'iper-consumismo che l'ha sommersa di rifiuti. Ignari del loro passato e ridotti ad obesi scarsamente intelligenti, i superstiti vivono in un'enorme nave spaziale lontana anni luce. In quel che resta di New York, un solo essere senziente si aggira ancora fra antichi scheletri di grattacieli e montagne di rifiuti: WALL•E, robot spazzino, ultimo esemplare ancora funzionante di un esercito di industriosi riciclatori di rottami che avevano un tempo il compito di tentare di salvare il pianeta dalla sporcizia. Solo lui è rimasto, ancora in funzione (si mantiene ricorrendo alle componenti di altri esemplari rotti). Lavorando indefessamente, WALL•E è come il soldato giapponese nascosto nelle profondità della giungla che continua la sua battaglia senza sapere che la guerra è finita. Un giornofa una straordinaria scoperta: una piantina (probabilmente la prima che vede nella sua esistenza) fa capolino fra i rifiuti. L'evento coincide con un altro, l'arrivo di un'astronave che rilascia un robot "femmina", Eve, incaricata proprio di cercare tracce di vita vegetale. L'incontro fra i due innescherà una serie precipitosa di eventi.

L'idea, semplice e geniale, di un robot lasciato solo sulla Terra evacuata venne al regista Andrew Stanton già nel 1994. Ci sono voluti parecchi anni affinché da quel concept primigenio scaturisse una vera sceneggiatura, ma ne è valsa la pena. Il capolavoro assoluto dell'animazione digitale è finalmente arrivato, anche se non premiato da incassi eccezionali al box office ("solo" 521 milioni di dollari, con un budget invece più alto del solito, 180 milioni), che si sarebbe invece ampiamente meritato. Probabilmente la prospettiva di un film d'animazione senza dialoghi per i primi tre quarti d'ora deve aver scoraggiato una fetta di pubblico; questo (il timore di scarsi incassi) fu anche il motivo per cui la Disney rinunciò ad un'idea simile nel corso della lavorazione di Dinosauri. Ma si sa, bisogna osare e credere in un progetto per far sì che si avveri, e la fatica dello studio di Lasseter e soci è stata premiata: è il primo film Pixar dai temi veramente adulti, pur restando godibilissimo per qualunque fascia di pubblico. Il problema della sostenibilità della civilità dei consumi da aprte del pianeta non può e non deve più essere un argomento da discussione accademica o da ritrovi mondiali di dubbia utilità da parte di governi più o meno interessati ad agire in ambito ecologista: la prospettiva offerta dal film è certo fantascientifica in senso proprio, cioè molto improbabile eppure verosimile. Se la terra non può essere ovviamente considerata un "essere vivente", come fa molta filosofia spiccia new-age, è pur vero che essa fa da piattaforma per un'infinità di esseri viventi, e per quanto ne sappiamo non ce ne sono altre nell'universo, quindi persa questa...il primo intento del film è chiaramente educativo; la speranza è sì nelle nuove generazioni, ma il cambiamento di abitudini e comportamenti deve iniziare da chi vive oggi (magari facendo seriamente la raccolta differenziata, o sopportando i disagi dati dalla presenza di un impianto di smaltimento dei rifiuti in nome di un beneficio collettivo).

Tutto questo in salsa sci-fi, per la gioia di bambini ed appassionati del genere: megalopoli in rovina, enormi navi spaziali che sembrano acquapark futuristici, robot di tutti i tipi (compreso un computer emulo di HAL 9000). Il design degli ambienti e degli automi è vario e riesce a risultare originale dopo decenni di variazioni sul tema. Lo stesso protagonista, è astutamente disegnato con un aspetto povero, da agglomerato di pezzi di ricambio, in netta contrapposizione con lo scintillante biancore di Eve. La metropoli desertificata e piena di ferri vecchi è immersa in un abbacinante luce solarevirata in ocra dal pattume, dalla sabbia e dalla ruggine, in opposizione cromatica con le essenziali ed eleganti forme pulite, tondeggianti e fredde dell'interno della nave spaziale nella seconda parte del film.
Se la prima metà del film è totalmente muta e la seconda lo è poco meno, la Pixar è riuscita nel duplice intento di non far parlare mai i protagonisti ed allo stesso tempo di farli interagire "come se si parlassero", e questo è uno dei punti forti del film: la mimica di WALL•E e di tutti gli altri robot è qualcosa di sensazionale, di mai visto a questi livelli, e permette di raggiungere un'empatia con il goffo protagonista che ha dell'incredibile. Le "voci" sintetiche che ci fanno intuire nomi propri e nuclei minimi di discorso sono condizioni sufficienti alla comprensione dello svolgersi degli eventi, e sono talmente funzionali che ci si chiede il perchè della presenza di tate linee di dialogo inutile in molti film quando bastano una buona regia ed una buona sceneggiatura per comunicare senza ridondanti didascalismi.
La colonna sonora commenta il film per lunghe porzioni, e pure nella sua non creatività gestisce al meglio tempi e motivi per assecondare ciò che vediamo sullo schermo; con la divertente idea di insere anche un pezzo d'epoca, Hello, Dolly! (dal musical omonimo del 1964), di cui WALL•E va pazzo.

Io non trovo difetti in questo film. Ergo, lo considero un capolavoro dell'animazione al pari di Fantasia e Una tomba per le lucciole. Visione imprescindibile per qualunque cinefilo.

Voto: 5/5


Il 2009, anno di Up, primo film realizzato in 3D (in seguito i film precedenti verranno riproposti con questa tecnica), in occasione della presentazione del medesimo alla Mostra del Cinema di Venezia, John Lasseter e gli altri registi degli Studios hanno ricevuto un Leone d'Oro alla carriera.

-Up
USA 2009 - di Pete Docter, Bob Peterson - animazione/avventura/fantastico - 96min.

Carl è un bambino che sogna di arrivare a visitare le Cascate Paradiso in Sud America. Incappato in una bambina in apparenza scontrosa e agli antipodi rispetto a lui, Ellie, tra  i due nasce ben presto un'amicizia che sfocerà in amore e nel conseguente matrimonio. La realtà della vita quotidiana è ben diversa dai sogni d'infanzia: le paghe modeste ricavate dai lavori presso lo zoo cittadino bastano appena a pagare le spese casalinghe, ed il miraggio del sogno di vedere le cascate sfuma sempre più. Quando, ormai in età matura, Carl riesce a comprare con sudati risparmi un paio di biglietti aerei, Ellie si ammala e muore.
Il vecchio e sconsolato Carl passa la sua vecchiaia in solitudine, lontano da tutto e tutti, nella sua casetta da cui impresari dell'edilizia vorrebbero farlo sloggiare per poter costruire un nuovo grattacielo. Rassegnato ad andare a vivere i suoi ultimi giorni in una casa di riposo, Carl ha uno scatto di orgoglio e di vita: usando tutti i palloncini che gli sono rimasti (era il suo lavoro fabbricarli e venderli allo zoo), li lega al tetto della casa in modo che si sradichi da terra, ed utilizzandola come velivolo (con tanto di timone) fa rotta verso il Sud America. Non ha notato però che nel portico antistante il portone d'ingresso della casa c'è un ragazzino, Russel, giovane boy-scout che era andato a bussare alla porta dell'anziano per aiutarlo in qualche faccenda in modo da ottenere la medaglia di "accompagnatore di anziani", l'ultima che manca alla sua collezione. Ora Carl e Russel si trovano ad essere compagni per un'avventura che è appena cominciata...

La cosa che maggiormente colpisce del film è ovviamente l'incipit: 10 minuti di film in cui ci scorre davanti agli occhi la vita di Carl dall'infanzia alla terza età, 10 minuti in grado di commuovere come pochi altri; in questa breve porzione di film vediamo il riassunto di tante pellicole, di tante storie viste sullo schermo o lette sui libri, solo ridotte all'essenziale, con una capacità di sintesi che, combinata alla capacità di emozionare per la semplicità con cui sono narrati gli eventi (eventi fondamentali per la vita di ogni persona ma comprensibili anche per un bambino), ha dell'incredibile. Dopo questa sequenza introduttiva, che è forse il più bell'incipit mai realizzato da Pixar (ed il momento più riuscito ed originale del film) si entra nella storia vera e propria, un'avventura esotica con dei protagonisti strani per la differenza d'età che intercorre fra i due, cui si aggiungeranno un cane parlante ed uno stranissimo pennuto che abita gli altopiani del Sud America. Non mancheranno gli antagonisti: un vecchio esploratore roso dalla malvagità e la sua schiera di cani famelici.

Partito come una commedia drammatica, il film si sviluppa con i codici del film d'avventura (anche se a ritmi piuttosto blandi), per poi accelerare nell'ultima parte con una serie di rocambolesche scene d'azione sempre più fuori di testa. Quest'ultima parte è in distonia con il resto del film, di cui perde lo stile di partenza; forse il principale difetto di Up è quello non riuscire a mantenere la coerenza alle premesse iniziali per tutta la durata della pellicola: è un peccato che, con una prima parte così anomala, la seconda scivoli nel già visto. Lo fa comunque con grande simpatia e con una resa visiva al solito grandiosa, grazie soprattutto ad una fotografia che, coadiuvata dal setting quantomeno insolito, cattura inquadrature inedite da spericolati angoli di ripresa (virtuali, ovviamente). Da notare anche l'ispirato commento musicale di Michael Giacchino (che con la Pixar aveva già collaborato con le musiche de Gli Incredibili).

A volte si può aspettare tutta la vita per avere la nostra occasione di realizzare un sogno: è una vita ben spesa se ci riesce, alfine, di realizzarlo. Questa è la "Morale della favola", ma in mezzo ci sono tanti altri spunti: il tema della morte, così rimosso dalla società moderna (i vecchi sono portati a morire in congreghe di vecchi che costituiscono un pit-stop intermedio sulla via del cimitero) affiora nel film con una delicatezza da far invidia a molte pellicole in live-action; il confronto generazionale è visto come un'occasione di scambio ed arricchimento reciproco; il tema ecologista è presente come in molti altri film precedenti.
Up è un film notevole, in parte offuscato da una seconda metà abbastanza canonica, ma riscattato dai suoi contenuti e da un'ottima realizzazione.

Voto: 3,5/5

-Toy Story 3 - La grande fuga
USA 2010 - di Lee Unkrich - animazione/avventura - 103min.

Andy è orma diventato grande, e sta partendo per il college. Che farsenne dei vecchi giocattoli, compagni di tante avventure? Opta per lasciarli in soffitta, ma per uno scambio di scatoloni finiscono in macchina. I giocattoli pensano allora che saranno abbandnati in qualche discarica, così fuggono ed arrivano all'asilo Sunnyside, dove decidono di stabilirsi per avere ancora uno scopo nella loro esistenza. Woody è abbastanza contrariato da questa decisione, anche perchè sa che si trovano lì per errore, ma il resto della compagnia ha ormai accetato la crescita di Andy e nn è attratta da un futuro di clausura nella buia sffitta di casa. Ben presto però scopriranno che il posto è meno tranquillo di quanto sembri: i bambini sono iper-vivaci e distruttivi, ed il giocattlo capo della comunità, Lotso, dietro una facciata bonaria nasconde un'anima oscura forgiata da un triste passato. Riusciranno i nostri a fuggire dall'asilo/prigione e tornare a casa?

Prima dell'accordo del 2006 con la Disney, quest'ultima aveva iniziato la progettazione del terzo capitolo di Toy Story, con una storia sviluppata da uno studio interno, Circle 7 Animation. Con la nascita di Disney•Pixar tale studio fu smantellato e si ripartì da zero, con una storia creata in un paio di giorni da Lasseter, Stanton e Unkrich.
Questo terzo capitolo, che potrebbe essere un'ideale chiusura della saga (ma non si sa mai...), è migliore del precedente per diverse ragioni: la storia è più fresca e con più idee, specie nella caraterizzazione dei personaggi; l'antagonista Lotso, vero malvagio, è il risultato di una triste vicenda personale di fiducia spezzata e di abbandono, che lo rende commiserabile ancor più che condannabile. altre new entry sono geniali, come il bambolotto neonato in stile racconto horror, che quasi richiama l'esiilarante figura dell'uccello assassino di A Bug's Life. Il duo Ken/Barbie offre diversi spunti comici di sicura presa, ed i personaggi che abbiamo imparato a conoscere nei film recedenti ci sono ancora (quasi) tutti, in gran forma e con le loro ben note caratterstiche distintive.
Bisogna anche dire che questo Toy Story 3 è anche uno dei pochi casi (finora) di implementazione soddisfacente della tecnologa 3D: il calo luministico c'è ma è meno pronunciato rispetto ad altre pellicole, e la profondità aumenta valorizza diversi momenti della pellcola, specie il pre-finale nella discarica. La grafica come al solito è notevolissima, colorata e fumettosa ma non semplicistica o stilizzata, con una grande dose di dettaglio nell'allestimento delle scenografie virtuali (le sale giochi dell'asilo, la discarica, i vialetti alberati) ed una luministica variegata in grado di attingere agli stilemi del noir, dell'horror o della commedia con invidiabile disinvoltura.
I temi affrontati non si discostano da quanto già visto in precedenza, ed anche le musiche riciclano vecchi temi (ma ne usano anche di nuovi). Dopotutto il pregio/difetto dei sequel è il non allontanarsi troppo dall'originale, ma devo dire che rispetto al secondo episodio il senso di deja-vu è minore.
Toy Story 3 chiude degnamente una saga che ha lasciato un marchio indelebile nella storia del cinnema di animazione.
Non si può escludere una quarta reiterazione...spero solo che nel caso, non sia una vaccata come il quarto eepisodio di Pirati dei Caraibi.

Vooto: 3,5/5

-Cars 2
USA 2011 - di Brad Lewis, John Lasseter - animazione/avventura - 96min.

Saetta McQueen è impegnato in nuovo torneo: un ricco industriale ha messo apunto un nuovo tipo di carburante ecologico che prevede spazzerà via il petrolio. Per dimostrarne le potenzialità al mondo, ha indetto una competizione riservata alle macchine migliori del mondo, il World Grand Prix, che si svolge in tre tappe in altrettanti luoghi del mondo: Giappone, Italia, UK. ma un'oscura organizzazione sembra intenzionata a sabotare l'operazione, screditando il nuovo carburante. L'agente segreto inglese McMissile è venuto a conoscenza di questo fatto durante una missione, e sta cercando di rintracciare i capi dell'organizzazione. Per una serie di circostanze, scambia Cricchetto, amico scemo di Saetta, per un agente suo collega, coinvolgendolo nell'operazione segreta.

Per risollevare le sorti della saga con questo sequel si è rimesso alla regia Lasseter (in pausa registica dal 2006, cioè dal prequel di questo film), stavolta coadiuvato da Brad Lewis (che tra le altre cose è stato eletto sindaco della città di San Carlo, California nel 2007. Il problema del flm precedente però non era certo la regia, bensì la sceneggiatura ed il concept. Se per il secondo non c'è molto da fare, e quindi anche questo Cars 2 si porta dietro le assurdità di fondo del predecessore nonchè gli stessi odiosi personaggi, sul primo versante si hanno invece delle migliorie: l'introduzione di un plot spionistico è certo sintomo della debolezza dell'idea di base del progetto, che impone di rivolgersi ad altri ambiti e generi, del tutto diversi dal film di corse, per dar vita a qualcosa di interessante; tuttavia questo approccio nuovo offre una varietà che mancava in precedenza, e rende la storia abbastanza folle da essere piacevole da seguire. Anche i nuovi personaggi sono meglio caraterizzati (o semplicemente più simpatici) di quelli vecchi, a tutto vantaggio della fruibilità. Purtroppo i pregi si fermano qui (tralasciando la realizzazione grafica che come al solito non è suscettibile di critica) ed i difetti sono quelli che già sappiamo se abbiamo visto il prequel, o Monsters & Co.: un mondo incoerente con i personaggi che lo abitano, con conseguenti assurdità multiple assortite. Stavolta desta qualche perplessità anche la scenografia, in particolare l'ambientazione del circuito italiano che sembra molto poco Portofino (città a cui in teoria dovrebbero essersi ispirati gli autori) e molto a Montecarlo.
Insomma con un progetto bacato in partenza non si può fare molto, nemmeno aggiungendo qualche lieve miglioramento in fase di scrittura. spero solo non ne facciano un terzo episodio...

Voto: 2/5

-Ribelle - The Brave
USA 2012 - di Mark Andrews, Brenda Chapman, Steve Purcell - animazione/fantasy - 93min.

Ambientato in un favolistico medioevo scozzese, The Brave è una fiaba classica: Merida, giovane principessa venuta su con un cipiglio più da guerriera che da dama di corte, è nsofferente alle imposizioni materne, che la vuole ligia al dovere di accettare un pretendente per rafforzare i legami con i capiclan del regno. In fuga dal castello, la giovane ragazza appassionata di arco e frecce si imbatte in un fuoco fatuo che la guida alla capanna di una strega; questa le dona un dolce magico che, le promette, cambierà l'attitudine della madre. ciò che in effetti fa il dolce è trasformare la regina in un'orsa, divenendo preda del re/marito e di tutti i clan. Merida deve riuscire a capire come sciogliere l'incantesimo in tempo (all'alba del secondo giorno sarà irreversibile), guardandosi peraltro dal temibile orso Mor'du.

Non si può dre che la sceneggiatura sia il punto di forza del film, che sembra un omaggio di Pixar alla cugina/sorella/madre Disney, da cui riprende molte situazioni tipo, a cominciare dalla protagonista: un po' Jasmine, un po' Ariel, un po' Biancaneve, Merida è la solita principessa che si sente in trappola e che sogna una vita libera di imposizioni. E' in fondo la tipica situazione adolescenziale, qui esplicitata nel conflitto con la figura materna, che tenta di educarla all'assunzione di responsabilità. Bisogna dire che Merida non è esattamente un personaggio positivo, o almeno lo è molto meno del solito: i suo ilegittimi sentimenti e le sue ragioni vengono supportate dal gesto sconsiderato di fare un incantesimo contro la propria madre, con conseguenze nefaste. L'attenzione viene focalizzata sulla mancanza di ascolto reciproco, che porta le persone a ferirsi a vicenda anzichè tentare di raggiungere un compromesso; perciò la madre fa un torto alla figlia (butta l'arco nel fuoco) e la figlia di contro la trasforma in orso: che bel quadretto! Ma alla fine tutto torna a posto, o quasi.

E' interessante notare infatt che il finale non coincide con il raggiungimento di un compromesso, bensì con l'arrendersi della madre alle richieste della figlia; c'è quindi un non-dialogo iniziale che porta ad un aggravarsi relazionale profondo, seguito da un tentativo di riparazione riuscito per il rotto della cuffia che approda però nuovamente ad un non-dialogo, ovvero alla vittoria totale di una delle due parti. Qual è allora il messaggio: avere il coraggio di ribellarsi ai propri genitori? Sostenere nonostante tutto le proprie ragioni? Autoimporsi a scapito degli altri? Nelle apparenze di un lieto fine, insomma, si nasconde una morale ambigua, o addirittura una triste presa di coscienza, relativa alla difficoltà delle relazioni intergenerazionali: insomma se la realtà è di per sè molto complicata, persino nella fiaba non tutto va esattamente per il meglio. Quindi è proprio qui, in questo finale solo apparentemente lieto, che si nasconde la differenza rispetto alle fiabe canoniche e quindi la consueta distanza tra la più rassicurante Disney e la più innovativa Pixar.

Tuttavia il film è abbastanza noioso, e non bastano numerose gags (che siano state queste il principale contributo fornito da Steve Purcell, che dalle esilaranti avventure grafiche della LucasArts si è ritrovato a co-dirigere un film di animazione?) a ridestare l'attenzione nei confronti di una vicenda che più prevedibile e piatta non si può (peraltro ricorrendo ad un espediente già visto in Koda fratello orso). Le idee a livello di scrittura latitano (anche i contributi musicali non offrono nulla di particolarmente interessante), e da ammirare veramente rimane soltanto la grafica: ci si può perdere nella contemplazione della chioma rossa di Merida.

Voto: 2,5/5

-Monsters University
USA 2013 - fantastico - 104min.

Prequel di Monsters & Co.: stavolta il protagonista è Wazowski, che si iscrive al primo anno di università con l'intenzione di diventare un mostro paurosissimo. Purtroppo però non è  per nulla pauroso. Una serie di casi lo porteranno a formare una squadra per partecipare ad un torneo annuale fra le varie confraternite dell'università, in palio c'è un contratto con la Monsters Inc. Per arrivare al numero minimo di mostri per squadra, Wazowksi sarà costretto ad ncluedere nelle sue fila anche l'insopportabile Sullivan, ricco figlio di papà che tende a bullizzarlo.

Camba quindi il punto di vista, stavolta affidato al monocolo verde. Che altro? Mi sono già espresso sulla mancanza di coerenza interna al mond del film a proposito del primo episodio; qui il contrasto permane, ma è attenuato dall'ambiente, che offre locations più fantasiose (le fognature, la zona subacquea, insomma ambienti più adatti a dei mostri) ed un setting principale che in generale si adatta meglio ai suoi abitanti; forse dopo la visioen della saga di Harry Potter dà meno fastidio l'uso anomalo di un setting scolastico. La regia è dell'esordiente Dan Scanlon, in Pixar dal 2001 (ha lavorato a Cars e Toy Story 3 nonchè a vari corti): ci mette molta energia, ritmo e creatività: ogni scena ha qualcosa di interessante che accade al suo interno, ed ogni inquadratura è un capolavoro di luministica (la fotografia è di Matt Aspbury e Jean-Claude Kalache), grazie ad un nuovo sistema di global illumination, con cui la gestione delel ombre e del cambi odi luce nel coros del tempo viene lasciata al computer, evitando ai programamtori di dover sistemare le ombre e riflessi manualmente: un bel risparmio di tempo e fatica (anche se ciò spersonalizza un po' la creazione artistica, dato che lascia alcune decisioni alla macchina...i risultati comunque sono sorprendenti).

Una buona ripresa per la Pixar dopo i due deludenti film precedenti, anche se in quanto a soggetti nuovi sta lasciando a desiderare (degli ultimi 4 lungometraggi realizzati, ben 3 sono sequel di film precedenti!).

Voto: 3/5

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